CAPITOLO 2 - THE INTELLIGENT INVESTOR

Benjamin Graham

L'Inflazione e il Suo Impatto sugli Investimenti

L'inflazione ha influenzato profondamente Wall Street, penalizzando chi ha redditi o capitali fissi e favorendo chi possiede azioni, grazie all'aumento dei dividendi e dei prezzi delle azioni. Per questo, alcuni esperti sostengono che le obbligazioni siano investimenti sfavorevoli rispetto alle azioni. Tuttavia, questa visione estrema è errata: non sempre le azioni sono migliori delle obbligazioni, specialmente in mercati surriscaldati o con dividendi bassi.

Analizzando la storia dell'inflazione dal 1915 al 1970, emerge che l'inflazione è ricorrente, ma il suo tasso varia. Negli ultimi 20 anni (rispetto al 1970), l’aumento medio annuo dei prezzi è stato del 2,5%, salendo al 5,4% nel 1970. La politica economica ha cercato di contrastare l'inflazione, ipotizzando un tasso futuro del 3% annuo. Questo ridurrebbe il potere d'acquisto dei rendimenti obbligazionari, ma non necessariamente il valore reale della ricchezza dell’investitore. Tuttavia, non è certo che le azioni siano sempre una scelta migliore delle obbligazioni. Storicamente, le azioni hanno reso circa l'8% annuo, ma oggi i rendimenti obbligazionari sono competitivi. Inoltre, non vi è una correlazione diretta tra inflazione e performance azionaria, come dimostrano periodi come il 1966-1970, in cui l'inflazione è salita mentre utili e prezzi azionari sono calati.

L’analisi del rapporto tra inflazione e utili aziendali evidenzia che, contrariamente alle aspettative, l'inflazione non ha portato a un aumento significativo della redditività delle aziende americane. Negli ultimi vent’anni, nonostante l’aumento dei prezzi all’ingrosso e del costo della vita, il rendimento sul capitale investito è diminuito, attestandosi intorno al 10% per le società del DJIA (Dow Jones Industrial Average). Il valore di mercato delle azioni è superiore al loro valore contabile, riducendo il rendimento effettivo per gli investitori a circa il 6,25%.

L’inflazione non ha migliorato direttamente gli utili per azione, ma la crescita degli utili aziendali è derivata principalmente dalla reinvestizione dei profitti e dall’aumento del capitale investito. Le aziende hanno dovuto affrontare un aumento dei salari superiore ai guadagni di produttività e la necessità di ingenti capitali per mantenere la crescita. Un dato rilevante è l’aumento significativo del debito aziendale tra il 1950 e il 1969, cresciuto quasi di cinque volte, mentre i profitti prima delle tasse sono solo raddoppiati. L’aumento dei tassi d’interesse ha aggravato la situazione, rendendo il debito un problema per molte aziende. Se le imprese avessero mantenuto il rapporto debito/capitale del 1950, il rendimento per gli azionisti sarebbe stato ancora più basso.

Il mercato considera le utility (elettricità, gas, telecomunicazioni) particolarmente penalizzate dall’inflazione, ma il loro modello regolato potrebbe proteggerle meglio rispetto ad altri settori in futuro. Infine, si conclude che l’investitore non può aspettarsi più dell’8% di rendimento annuo da un portafoglio di azioni del DJIA ai prezzi del 1971. Inoltre, i mercati azionari sono soggetti a fluttuazioni imprevedibili e un’eccessiva fiducia nell'inflazione come motore della crescita azionaria può portare a scelte d’investimento rischiose.

Alternative agli Investimenti Azionari per Proteggersi dall’Inflazione

Tradizionalmente, chi non si fida della propria valuta ha scelto di investire in oro. Tuttavia, negli Stati Uniti è stato illegale possedere oro dal 1935, il che si è rivelato un vantaggio per gli investitori. Tra il 1935 e il 1972, il prezzo dell’oro è salito solo del 35% (da 35$ a 48$ l’oncia), senza generare alcun rendimento da interessi e con costi di stoccaggio. In confronto, un semplice conto di risparmio avrebbe prodotto guadagni migliori, dimostrando che l’oro non ha offerto una protezione efficace contro l’inflazione.

Anche altri beni tangibili come diamanti, opere d’arte, libri rari, monete e francobolli hanno visto aumenti di valore, ma spesso il loro prezzo risulta artificiale o speculativo. Questi investimenti sono rischiosi e fuori dalla portata dell’investitore medio.

L’immobiliare è spesso considerato una buona protezione contro l’inflazione, ma presenta rischi elevati: oscillazioni di valore, errori di valutazione su posizione e prezzo, e difficoltà di diversificazione per chi ha capitali limitati. Per chi investe in immobili con altri soggetti, vi sono rischi simili a quelli del mercato azionario.

Conclusione

L’investitore non può permettersi di concentrare tutti i suoi fondi in un’unica categoria di asset. Né le obbligazioni, nonostante gli alti rendimenti di quel periodo, né le azioni, che possono essere influenzate dall’inflazione, offrono una sicurezza assoluta.

Chi dipende dal proprio portafoglio per il reddito deve proteggersi dai rischi imprevisti. Le obbligazioni di società solide, come quelle telefoniche con rendimenti del 7,5%, possono essere meno rischiose rispetto alle azioni quotate nel DJIA. Tuttavia, poiché l’inflazione rimane una minaccia, è consigliabile mantenere una componente azionaria nel portafoglio per una maggiore protezione.

Infine, pur non essendo entusiasta del livello del mercato azionario, un investitore prudente dovrebbe mantenere una quota di azioni, considerandole un rischio minore rispetto a detenere solo obbligazioni.

CAPITOLO 8 - THE INTELLIGENT INVESTOR

Benjamin Graham

Il capitolo si concentra sulle fluttuazioni del mercato e come gli investitori dovrebbero affrontarle. Graham analizza il comportamento dei mercati rialzisti e ribassisti, sottolineando che, sebbene gli investitori siano soliti cercare di comprare quando i prezzi sono bassi e vendere quando sono alti, la previsione dei movimenti di mercato non è una strategia vincente a lungo termine.

Gli investitori dovrebbero prepararsi psicologicamente e finanziariamente alle oscillazioni di valore, evitando di cadere nella tentazione della speculazione e di cercare di "indovinare" i cicli del mercato. La speculazione, ovvero il market timing, spesso porta a perdite, mentre l’approccio migliore è quello di acquistare titoli sottovalutati (pricing) e mantenerli nel lungo periodo. L'analisi di Graham suggerisce che il successo nell'investimento dipende dal valore intrinseco delle azioni piuttosto che da tentativi di prevedere i movimenti del mercato.

Graham critica la pratica di fare previsioni di mercato e avverte che la popolarità di metodi come la teoria di Dow riduce la loro efficacia nel tempo. Invece di seguire le tendenze di mercato, gli investitori dovrebbero concentrarsi su azioni con un valore intrinseco solido e una prospettiva a lungo termine.

Inoltre, l’autore distingue tra speculazione e investimento, mettendo in evidenza che, mentre la speculazione cerca di trarre vantaggio dalle fluttuazioni a breve termine, l'investimento si basa su una valutazione più ponderata del valore delle azioni. Il comportamento psicologico degli investitori è cruciale, poiché molti tendono a farsi influenzare dalla paura e dall'euforia del mercato, commettendo errori come vendere quando i prezzi sono bassi e comprare quando sono alti.

Un altro punto importante riguarda la gestione del portafoglio, in cui Graham suggerisce un approccio meccanico: ridurre l’esposizione alle azioni quando i prezzi sono alti e aumentarla quando i prezzi sono bassi, in modo da evitare decisioni impulsive dettate dall’emotività.

Graham conclude che l’investitore dovrebbe concentrarsi su un orizzonte di lungo termine e non farsi influenzare dalle fluttuazioni giornaliere dei mercati. Invece di cercare di battere il mercato, l’obiettivo dovrebbe essere quello di costruire una strategia di investimento che permetta di raggiungere i propri obiettivi finanziari senza farsi travolgere dalla psicologia del mercato.

In sintesi, il capitolo ci insegna che, sebbene le fluttuazioni del mercato siano inevitabili, è possibile navigarle con successo adottando una strategia a lungo termine, mantenendo la disciplina e concentrandosi sulla valutazione dei titoli invece di inseguire previsioni speculative.

CAPITOLO 20 - THE INTELLIGENT INVESTOR

Benjamin Graham

Il testo illustra come il principio del "margine di sicurezza" sia il concetto centrale per un investimento solido, accompagnato dalla necessità della diversificazione. L’autore usa l’analogia della roulette per spiegare il concetto: scommettere su un solo numero (con vincita di 35 dollari e probabilità di 37 a 1) rappresenta un “margine negativo” in cui la diversificazione non aiuta, mentre se la vincita fosse di 39 dollari si otterrebbe un piccolo margine di sicurezza, e scommettere su più numeri aumenterebbe le possibilità di profitto.

Il testo prosegue distinguendo investimento e speculazione, affermando che il vero investitore si fonda su ragionamenti aritmetici e dati statistici per garantire un margine di sicurezza reale, mentre gli speculatori si affidano a giudizi soggettivi e ottimismo, senza prove oggettive.

Si evidenzia inoltre come il concetto si applichi sia agli investimenti in titoli a reddito fisso, dove il margine può essere misurato confrontando il valore totale dell’impresa con il debito, sia alle azioni comuni, sebbene in quest’ultimo caso siano necessarie alcune modifiche. Titoli considerati “sottovalutati” o acquistati a prezzi sufficientemente bassi da creare un ampio margine di sicurezza possono trasformarsi, anche se di qualità mediocre, in opportunità d’investimento solide, soprattutto se supportati da una adeguata diversificazione.

Infine, il testo conclude ribadendo che un investimento vero deve essere basato su evidenze numeriche, ragionamenti convincenti e dati di esperienza, e che l’investimento, per essere intelligente, va gestito in modo analogo a un’impresa: conoscendo il proprio business, non delegando senza controllo e operando solo se i calcoli mostrano una ragionevole possibilità di profitto.